CONFORMITA' CATASTALE - Chi la vuole cotta e chi la vuole cruda
Pubblicato il: 13/10/2010
Esiti contrastati e contrastanti dell'incontro dell'8 ottobre scorso nell'ambito dell'iniziativa CASA SICURA, ricco di circa 350 partecipanti e dedicato, come recitava il titolo, alle problematiche operative sull'applicazione dell'art. 19 co. 14 della legge 122/2010, altrimenti noto come conformità catastale.
Al di là delle più o meno dotte considerazioni sull'effettiva portata della disposizione, riteniamo di evidenziare due punti.
Il primo, che punta a minimizzare il rischio per i notai di rogare atti nulli - al riguardo ricordiamo innanzi tutto che il testo della norma recita (in grassetto le modifiche apportate in sede di conversione):
14. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale.
La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.
Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.
e pertanto, ove l'attestazione redatta dal tecnico si conformi nel testo, vorremmo dire pedissequamente, al disposto normativo e quindi in buona sostanza certifichi in relazione all'unità immobiliare interessata la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale, ci pare veramente difficile ipotizzare che l'atto di vendita, per tale motivo, possa incorrere - sotto il profilo formale - nel vizio di nullità.
Il secondo punto, che muove dalla lodevole intenzione di chiarire la reale portata del concetto di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, oggetto dell'intervento del Direttore dell'U.d.T. di Bologna Sanfelice, ha destato invece perplessità nell'uditorio.
Pietra dello scandalo è quella parte dell'allegata presentazione di seguito riportata:
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Interventi che influiscono sul classamento e sulla rendita catastale.
-costruzioni di nuove unità immobiliari fuori terra ed interrate;
-ampliamenti delle uiu esistenti con variazione della sagoma esterna dell’edificio (es. chiusura e trasformazione di un terrazzo in un vano principale o accessorio);
-variazioni di superficie delle unità immobiliari derivanti da interventi di ristrutturazione edilizia o di manutenzione straordinaria (es. fusione di due o più uiu);
-variazioni interne alle unità immobiliari con ridistribuzione e modifica del numero di vani e degli accessori;
-variazioni di destinazione d’uso;
-interventi di riqualificazione delle unità immobiliari comportanti la realizzazione o l’integrazione dei servizi igienici;
-Altri interventi significativi di riqualificazione delle unità immobiliari (installazione e/o integrazione impianti, ecc…)
-Fabbricati ove è stato installato uno o più ascensori;
-Fabbricati sui quali sono stati effettuati interventi di riqualificazione delle parti comuni.
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Ora, quanto precede ha indubbiamente il pregio di chiarire ai tecnici meno esperti e ricordare a quelli di più lunga militanza le fattispecie che comportano variazione di classamento e quindi di rendita catastale: ma da qui a stabilire che debba fungere da testo sacro ai fini della redazione dell'attestazione di conformità catastale, a nostro avviso ce ne corre, e tanto!
In soldoni, ipotizzare che il tecnico, dopo avere verificato positivamente la conformità planimetrica dell'unità, debba poi tentare di individuare, ad esempio, ipotetici interventi di riqualificazione eseguiti, nel tempo, nell'unità immobiliare ovvero nelle parti comuni (ad esempio, la coibentazione a cappotto dell'edificio) non solo travalica ogni senso comune, ma non ci pare neppure in linea con quanto enunciato nella circ. n. 3/2010 dell'Agenzia del Territorio.
Dispone infatti la suddetta a pag. 9:
Si ritiene, inoltre, utile richiamare l’attenzione sul tema della “conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie”, oggetto della dichiarazione da rendere in atti dall’intestatario catastale. Tale aspetto è stato ampiamente trattato nella menzionata circolare n. 2 del 2010, con la quale è stato precisato che assume rilievo ogni incoerenza che comporti una variazione della consistenza dell’immobile e quindi della rendita catastale.:
E quindi (il grassetto che precede è nostro) se l'Agenzia precisa che - sul tema conformità - assume rilievo ogni incoerenza=differenza che comporti variazione della consistenza (e, in relazione a questa, della rendita) perché mai si dovrebbe estendere l'indagine (quasi poliziesca, ça va sans dire) ad ipotetiche altre variazioni che potrebbero comportare variazioni di rendita e giammai di consistenza?
Giova anche rilevare che quanto precede è confermato dall'enunciazione della medesima circ. 3 a pag. 7:
Ulteriore precisazione, introdotta dalla legge di conversione, è quella relativa al parametro di riferimento per la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, conformità da valutarsi sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale.
Sotto tale profilo, si deve intendere che la predetta disposizione è in correlazione con le norme catastali che individuano le fattispecie per le quali sussiste l’obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione nello stato dei beni, con l’allegazione delle planimetrie catastali.
Anche questo grassetto è nostro, per rimarcare che ciò che l'Agenzia pare dire (ed in effetti dice) e cioè che le incoerenze da considerare - ovviamente come impeditive dell'attestazione e quindi per sanarle prima della redazione della stessa - sono quelle che comportano, secondo la norma catastale, la presentazione di denuncia di variazione corredata dalla planimetria, e non altre.
Tale interpretazione è agevole, de plano, né potrebbe essere altrimenti: se così non fosse tutto il paragrafo perderebbe significato.
Potremmo continuare ipotizzando le più curiose situazioni, ma non ne vediamo l'utilità: auspichiamo piuttosto un definitivo chiarimento da parte dell'Agenzia del Territorio, da ultimo ricordando ancora che la legge altro non dispone che attestarsi la conformità allo stato dei fatti dei dati catastali e delle planimetrie: mentre sulla definizione delle seconde non può esservi dubbio, i primi sono da individuare - secondo la ratio della norma - negli identificativi catastali piuttosto che negli estremi di classamento e consistenza; anche questo deve essere chiarito sollecitamente, per evitare equivoci e soprattutto salvaguardare i professionisti che renderanno queste attestazioni e che potrebbero trovarsi coinvolti in situazioni pericolose a causa dell'oscurità della norma (e anche della perversa tendenza tutta italiana della ricerca del cavillo).
Stefano Batisti
convegno 8 ottobre 2010 ult vers.ppt